mercoledì 25 novembre 2015

I raieu co-o tocco (pronuncia "cu u tuccu") o ravioli con il tocco

 

Una tiepida domenica di maggio, gli amici intorno al tavolo a chiacchierare e gustare il barbecue organizzato per il mio compleanno. E come sempre accade si comincia a parlare di cibo. Perché noi italiani siamo fatti così, hanno ragione all’estero quando ci descrivono come fissati, invasati di cibo. Perché la verità è che lo siamo. Siamo seduti al ristorante, al tavolo di casa nostra, in pizzeria, al bar ovunque e mentre stiamo mangiando parliamo di cibo…altro.
E infatti ad un certo punto tra le varie conversazioni che si sovrapponevano colgo una frase rivolta nei miei confronti “ma come? Non gli hai mai fatto i ravioli a questo “pövou figêu” (povero ragazzo)?!?”
L’Uomo di Casa, da questo momento in poi “u pövou figêu” si stava lagnando (alle mie spalle) con la mia amica Monica, che lui che ama i ravioli più di stesso e non aveva nessuno che glie li preparasse. Allora lei, santa delle sante manine d’oro, per rasserenarlo gli ha promesso una raviolata tutta per lui.
E’ stato quello l’inizio della fine, quello che mi ha portata qui oggi e ci ha portato pure tutta la community dell’MTC J
E così Monica e Luca, per coccolare “u pövou figêu” hanno organizzato “la grande abbuffata di ravioli” con tanto di preview i giorni precedenti testimoniata da foto della preparazione e da vassoi e vassoi di ravioli che aspettavano solo noi.
Serata splendida, neanche a dirlo, e in un’estate torrida, pure un po’ freschina, giusto da permettere di fagocitare quei dieci ravioli in più che col caldo non ci sarebbero stati.
Un viaggio di ritorno caratterizzato da mugolii e complimenti verso Monica e immancabili tre sacchettini di ravioli di scorta che … non si sa mai. E poi “u pövou figêu” a bruciapelo: “ma perché non me li fai anche tu?”. Io appoggiata con la testa al finestrino e gli occhi chiusi ho fatto finta di dormire.

E poi un bel giorno Luca e Monica (Fotocibiamo), che sono veramente bravi e capaci,  partecipano all’MTC e alla seconda sfida, boom, vincono! E Monica cosa imbelina combina? Torna con la mente a quella sera d’estate e lancia la sfida dei ravioli con il tocco. Il mio primo pensiero è stato quello di giustificarmi come a scuola, con “u pövou figêu” che prima ballonzolava per casa dalla felicità della ricetta e poi si accasciava sul divano alla notizia della mia intenzione di giustificarmi.
Poi in fondo alla ricetta, leggo che la sfida è dedicata a me ( e a “u pövou figêu”) e che non posso proprio giustificarmi, la mia amica malefica mi aveva anticipato!
La verità è che non volevo fare i ravioli perché sapevo benissimo che poi in casa ci avrebbero preso gusto, infatti mi è già stato chiesto di fare anche i pansoti e i tortellini in brodo (e per questo ringrazio anticipatamente la Carloni!)

A parte tutto, i ravioli a casa mia hanno il profumo e il sapore delle domeniche e soprattutto del Natale.
Mi sembra ancora di vedere mia nonna che i giorni precedenti la festa si alzava alle cinque del mattino per preparare tavolate di ravioli, potevi trovare ravioli ovunque sul tavolo della sala, sulle varie tavole per impastare, sui vassoi dentro i cassetti. Ricordo le pentole di terracotta a borbottare sul fuoco, lei indaffarata e io con i codini e il grembiulino a dare una mano girando la manovella dell’Imperia, e soprattutto mangiandomi tutti gli scarti della pasta che trovavo in giro, e il ripieno a cucchiaiate tra i sorrisi e le ammonizioni della nonna.
Tutti gli ingredienti, eccetto la carne, venivano dal nostro orto e quel sapore li, di cui serbo un ricordo olfattivo e di gusto indelebile, si accompagna sempre a quello di lei con le maniche tirate su ad impastare.

Non ho praticamente modificato nulla della ricetta di Monica, innanzitutto perché questa è la ricetta della tradizione genovese e poi visto che non li avevo mai fatti da sola, mi è sembrato giusto attenermi alla ricetta originale che per altro è la stessa della mia famiglia e da noi i raieu co-o tocco si fanno proprio così e così li amiamo.
Ho solo aggiunto una manciata di pinoli nel sugo perché mia nonna lo avrebbe fatto sicuramente.
 
 
 
Ingredienti

per il tocco
1,2 kg matama
midollo d’osso (ho utilizzato quello di due ossibuchi)
2 carote
1 gambo di sedano
1 cipolla media
prezzemolo
rosmarino
30gr pinoli
½ bicchiere di vino bianco
1 tubetto concentrato di pomodoro
200 g pelati  
olio extravergine di oliva
sale e zucchero q.b.
pepe
1 chiodo di garofano
noce moscata

per il ripieno       
la carne cotta del tocco 
300 g borragini già sbollentate e strizzate (potete anche utilizzare metà borragini e metà scarole)
150 g parmigiano reggiano grattugiato
4 uova
6g maggiorana fresca tritata *
noce moscata
sale q.b. 

per i ravioli **
400 g farina debole
200 g semola rimacinata di grano duro
3 uova
½ bicchiere acqua***
sale, un pizzico

 
Preparazione
Dividete la preparazione in un due giorni: il primo dedicato al tocco e al ripieno, il secondo ai ravioli, ma soprattutto al pranzo in cui li gusterete.
Primo giorno: il tocco e il ripieno.
Preparate una mirepoix per il soffritto, pulite e tagliate a tocchetti carote, sedano, cipolle, a cui poi aggiungerete il rosmarino e il prezzemolo tritato grossolanamente.
In una pentola in ghisa o ancora meglio in coccio (la mia è circa 28cm di diametro) versate l’olio e soffriggete la carne per sigillarla da tutti i lati. Toglietela lasciandola in caldo, aggiungete i sapori e fate soffriggere per bene. Se volete un consiglio sul miglior modo per fare un soffritto lo trovate qui.
Aggiungete il midollo e fatelo sciogliere, i pinoli, la carne e sfumate con il vino bianco.
In una ciotola fate sciogliere il concentrato di pomodoro con poca acqua tiepida, quindi regolate di sale e aggiungete dello zucchero per compensare l’acidità del pomodoro.
Versate i pelati, e quelle che una volta, come ricorda Monica, venivano chiamate le “droghe” ovvero le spezie: pepe, il chiodo di garofano e noce moscata in abbondanza.
Abbassate il fuoco e lasciate cuocere il sugo per almeno 3 ore molto lentamente... le nonne dicevano che il sugo deve “pia”... (appena appena sobbollire).
Ricordatevi ogni tanto di dare una mescolata e assicuratevi con non attacchi al fondo. La carne, a seguito della lunga cottura, risulterà morbidissima e tenderà a sfilacciarsi.
 
Il giorno successivo preparate i ravioli.
Sulla spianatoia fate una fontana con la farina e al centro aggiungete le uova e un pizzico di sale; con una forchetta cominciate  a lavorare la farina dai bordi verso il centro in modo da non far fuoriuscire le uova di lato, quando gran parte della farina sarà amalgamata cominciate ad impastare. Man mano aggiungete l’acqua fino ad ottenere un impasto liscio ed elastico. Lasciate l’impasto a riposare sulla spianatoia, coperto da una ciotola di vetro, per circa mezzora.
Durante il riposo dell’impasto tirate fuori il ripieno dal frigo in modo da portarlo a temperatura ambiente.
Riprendete l’impasto e se volete fare come da tradizione tirate la sfoglia, dosate il ripieno su una metà, ricoprite col l’altro lato e tagliate i ravioli con una rotella.
Se invece siete come me, alle prime armi, ma soprattutto con un “pövou figêu” che vi gira intorno come un avvoltoio affamato, stendete una parte dell’impasto con il mattarello e poi passatelo nella sfogliatrice passo passo fino ad arrivare al penultimo; formate delle sfoglie poco più lunghe della raviolatrice. Infarinate (con la semola) per bene lo stampo per ravioli, adagiatevi la prima sfoglia, dosate il ripieno spingendolo leggermente con le dita, coprite con la seconda sfoglia. Sigillate i bordi e passate, possibilmente con un mattarello piccolo, una volta. Capovolgete lo stampo e tagliate i ravioli con una rotella dentellata.
Disponeteli ben allineati su un vassoio.
Una volta che l’acqua sarà in ebollizione tuffate i ravioli e lasciateli cuocere per qualche minuto (circa 3 minuti, ma è indicativo), scolateli e conditeli abbondantemente con il tocco.
Se pensate che mi siano avanzati dei ravioli da surgelare vi sbagliate di grosso, perché “u pövou figêu” è noto per l’infinito amore per i ravioli e per la capacità di fagocitarsene un’intera “fiamanghilla” (largo vassoio ovale).
 


Note:

*per me la maggiorana si deve sentire molto, tuttavia vi suggerisco di cominciare con 3g e poi aumentare secondo il gusto.
**con le quantità indicate si ottengono circa 200 ravioli: con l’avanzo di pasta ho fatto circa 3-4hg di taglierini, che conditi con il tocco sono superbi e l’avanzo del ripieno l’ho surgelato per la prossima volta.
***la quantità di acqua dipende da molti fattori ed è quindi indicativa, aggiungetela man mano fino ad ottenere la giusta consistenza

Con questa ricetta a tradimento partecipo all’MTC n. 52
 
 
 
 

 

 
 

 




6 commenti:

  1. con 200 ravioli direi che il povero ragazzo sta a posto per un bel po' :) Sono meravigliosi, Ilaria e sicuramente così buoni come sembrano!

    RispondiElimina
  2. Ahahhaahah! Oh ma che fetente sta Monica!!!
    Però ammettilo è stata di parola, ti aveva promesso che ti avrebbe fatto fare i ravioli per quello "pövou figêu" e ci è riuscita, sei stata quasi obbligata, ma quello è un dettaglio!!! Strepitosa, dico davvero, bellissime foto e l'aggiunta dei pinoli è davvero perfetta, anche Luca apprezzerebbe molto!!!

    Un abbraccio a tutti e due
    Moni

    RispondiElimina
  3. Povero figlio, volevi mica che rimanesse sciupato?! Ora è a posto per un po'.. e, se ti va di cambiare, io ho una cinquantina di agnolotti d'asino nel freezer :D
    Belli i tuoi raieu, e bella l'immagine di tua nonna che ripone pasta fresca ovunque, pure nei cassetti.
    Ho anche io da sempre il "vizio" di mangiare la pasta da cruda.. che bontà!

    RispondiElimina
  4. Ma che meraviglia... le foto dicono "allunga la mano e prendine uno", la borragine non la conosco, qui non si usa, ma credo proprio che mi piacerebbero.
    A casa mia per i tortellini natalizi veniva arruolata l'intera famiglia, bambini compresi, mentre i ravioli erano appannaggio esclusivo della nonna, e quando ho trovato un locale che li faceva quasi identici ai suoi mi son quasi commossa.
    Bravissima!

    RispondiElimina
  5. M'ero dimenticata del poero figliolo (abbi pazienza se uso l'idioma natio, ma scrivo da una tastiera etrusca e tutti quei segni strani non sono contemplati). Spero che con quella strippata che si è fatto ce la faccia ad arrivare a Natale...

    RispondiElimina
  6. Quel povero ragazzo ora sarà contento! Bravissima Ilaria.

    RispondiElimina